Onorevoli Colleghi! - Nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati del 15 dicembre 2007, durante la discussione sul disegno di legge finanziaria 2008, è stato presentato un ordine del giorno, (9/3256/268 Dioguardi, Provera) accolto dal Governo, che sottolineava come «la disoccupazione, pur essendo diminuita nel corso degli ultimi anni, è un fenomeno ancora consistente che colpisce soprattutto le donne»; il tasso di attività femminile in Italia, infatti, è il più basso d'Europa, ancora quattordici punti al di sotto degli obiettivi di Lisbona 2010; le donne rappresentano oltre il 56 per cento dei lavoratori precari; i differenziali retributivi mediamente si aggirano attorno al 23 per cento degli stipendi degli uomini. L'ordine del giorno, inoltre, affermava che «una delle cause di tale fenomeno è legata all'impossibilità, in presenza di figli in età minore e stante una insufficiente rete di servizi sociali, di far convivere il proprio ruolo di genitori con gli impegni lavorarvi» e che quindi «per invertire tale fenomeno si rende necessario una modifica ed estensione dei congedi parentali in maniera tale da favorire l'immissione e la permanenza, soprattutto per le donne, nel mondo del lavoro».
      L'attuale bassissimo utilizzo dei congedi parentali, infatti, non corrisponde ad uno scarso interesse, ma alla ristrettezza dalla copertura economica. Dell'indennità, che arriva appena al 30 per cento della retribuzione, usufruisce solo il 24 per cento delle lavoratrici madri e per i lavoratori padri tale percentuale scende al 3 per cento. È da rilevare, inoltre, che la fruizione dei congedi parentali scende drasticamente nel periodo dai tre agli otto anni di vita del bambino.

 

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      Inoltre in un comunicato del novembre 2007 le senatrici e i senatori di tutti i gruppi parlamentari dell'Unione che avevano sottoscritto emendamenti in tale senso al disegno di legge finanziaria 2008, sostenevano che «in relazione al disegno di legge delega, collegato alla finanziaria, sulle non autosufficienze e la revisione delle leggi sulla conciliazione tra lavoro, maternità e attività di cura, per incentivare l'utilizzo dei congedi da parte delle lavoratrici e lavoratori, anche atipici, sono necessari l'aumento dell'indennità dei congedi stessi (dal 30 al 50 per cento della retribuzione), una maggiore flessibilità nel loro utilizzo, e quindi adeguati finanziamenti per la copertura degli stessi, mentre il disegno di legge delega, pur riordinando positivamente questa materia, non prevede però nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
      La presente proposta di legge (costituita dal solo articolo 1) condivide e intende tradurre in testo normativo queste considerazioni e proposte, apportando le conseguenti modifiche al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
      Con la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 si prevede la concessione nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico del datore di lavoro che assume personale con contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratrici e di lavoratori in congedo, di uno sgravio contributivo del 90 per cento.
      Alla lettera b) si prevede che il genitore richiedente può avvalersi della fruizione oraria del congedo parentale, senza che l'astensione oraria possa, in ogni caso, superare la metà dell'orario giornaliero di lavoro. In caso di astensione oraria, la distribuzione dell'orario di lavoro dovrebbe essere concordata tra il richiedente e il datore di lavoro, tenendo anche conto delle esigenze del servizio.
      La lettera c) prevede, per i periodi di congedo parentale stabiliti ai sensi dell'articolo 32 e dell'articolo 33 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che alle lavoratrici e ai lavoratori sia dovuta, fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 50 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessata o dell'interessato sia inferiore a 5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi, calcolando l'indennità secondo quanto previsto all'articolo 23 del medesimo testo unico, ad esclusione del comma 2 dello stesso articolo.
      Alla lettera d), per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2 dell'articolo 34 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, si prevede l'assegnazione di un'indennità pari al 50 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessata o dell'interessato sia inferiore a cinque volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo. È inoltre stabilito che la lavoratrice o il lavoratore che usufruisce dei periodi di congedo parentale di cui ai commi 1 e 2 del citato articolo 34 possa richiedere all'ente previdenziale di appartenenza che la propria retribuzione sia integrata fino a percepire il 70 per cento della retribuzione lorda dovuta, per tutto il periodo di sei mesi, purché tale congedo sia utilizzato per frazioni minime di tre mesi. Tale somma integrativa deve essere restituita attraverso prelievi frazionati in ventiquattro rate mensili, non superiori al 10 per cento della retribuzione lorda dovuta nel caso di fruizione dell'intero periodo di sei mesi, e non superiore al 5 per cento della retribuzione lorda dovuta nel caso di fruizione di un periodo di soli tre mesi, a decorrere dal mese successivo dalla fruizione dell'ultimo periodo.
      Con la lettera e) si prevede che la lavoratrice o il lavoratore che sia genitore adottivo, per i tre anni successivi all'entrata del minore nel nucleo familiare, non
 

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possa essere obbligato a prestare lavoro notturno. Inoltre, alle lavoratrici madri e ai lavoratori padri, anche adottivi o affidatari, con figli fino a dodici anni di età ovvero fino a quindici anni di età in caso di affidamento o di adozione, deve essere consentita la trasformazione, reversibile e su base volontaria, del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale.
      Il comma 2 del medesimo articolo 1 stabilisce che alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme obbligatorie previdenziali, deve essere corrisposta, per gli eventi verificatisi a decorrere dal 1o gennaio 2008, l'indennità di congedo parentale da usufruire per un periodo di tre mesi entro i tre anni di vita del bambino o della bambina, ovvero entro tre anni dell'ingresso del minore affidato o adottato.
      L'indennità spetta nella misura del 50 per cento del reddito percepito dal richiedente nei dodici mesi precedenti l'inizio del periodo di astensione dal lavoro richiesto a condizione che, in favore dello stesso, risultino attribuite almeno tre mensilità di contribuzione nella misura maggiorata dello 0,5 per cento nei dodici mesi di riferimento.
 

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